Ricerche sulla storia, tradizioni e curiosità del territorio verolese - di A. Barbieri

1797 – L’Ospital Nazionale prende possesso di Scorzarolo

1797 – L’Ospital Nazionale prende possesso di Scorzarolo
Inventario dei beni ritrovati in Scorzarolo dopo la soppressione del convento di S. Domenico
Introduzione
Al primo piano
Al piano terreno
Nello studio
Nella prima stanza dopo lo studio
Nella stanza del lino
Nella sacrestia
Nella chiesa
Nella caminata
Nella camera contigua alla caminata
Nello stanzino detto caminadino
Nella cucina
Nello stanzino della ferramenta
Nella camera del cavalcante
Nella cantina

Introduzione

In un precedente articolo si è brevemente scritto della soppressione del convento di San Domenico di Brescia, avvenuta il 29 settembre 1797 per decreto del Governo Provvisorio Bresciano. Con la soppressione si disponeva anche il contemporaneo accorpamento di tutti i beni dell’ente religioso all’Ospital Nazionale di Brescia. Il convento di S. Domenico, oltre al monastero in città con tre chioschi e la chiesa, situata sull’attuale via Moretto dirimpetto alla gemella chiesa di S. Lorenzo, possedeva numerosissimi altri terreni e fabbricati sparsi in città ed in provincia, ma il più consistente di essi era proprio il latifondo di Scorzarolo.
Al momento di prendere possesso dei beni requisiti, per nostra fortuna, si è provveduto a redigere ‘Inventarj ed estimi diversi di mobili, generi, ritrovati ne’ Luoghi dello Stabile di Scorzarolo dopo la Sopressione del Convento di S. Domenico’. È la copertina di un voluminoso incartamento, ricolmo per la maggior parte di fogli singoli ed anche alcuni fascicoli, giunti fino ai nostri giorni per permetterci, come una macchina del tempo, di dare una sbirciatina all’interno delle varie stanze che componevano il ‘castello’ di Scorzarolo duecento anni fa.

Archivio di Stato di Brescia – Fondo Ospedale Maggiore 1441-31

Uno dei fascicoli non ha data, ma il titolo è eloquente: ‘Inventario degl’effetti e Generi semoventi ritrovati nella casa di ragione delli Padri di S.to Domenico in Scorzarolo’, il redattore è ‘Giulio Cirimbelli, Comm(issari)o Nazionale’. In quindici pagine manoscritte, il nostro commissario esamina ed elenca mobili, libri e suppellettili con meticolosa precisione, senza tralasciare manco ‘una cassetta di noce entro chiodi nuovi per la fabrica’.

Al primo piano

Le note seguenti si riferiscono alla sola parte riguardante il piano terreno della corte piccola di Scorzarolo, in quanto di esso si dispone di una tavola di disegno dell’epoca, utile per inquadrare meglio le descrizioni degli ambienti. Si rimanda ad un momento successivo la descrizione del primo piano per un più preciso inquadramento delle note commentate. Per ora solo un accenno al primo piano, dove vi sono le stanze da letto: la ‘Prima camera di sopra abitata dalle giovani donne di governo’, attrezzata, per quanto si può capire, per due persone di servizio; a seguire, la ‘2da camera del P(adr)e Sindico’ ed altre quattro camere arredate in egual modo, con ‘un letto con pagliarizzo, due (o tre) materazzi’, capezzali, cuscini, scrittoi, sedie ed inginocchiatoi. Si può quindi ipotizzare che il convento, o più precisamente il castello di Scorzarolo potesse ospitare oltre al ‘sindico’, anche alcuni altri frati.

Al piano terreno

Ma ritorniamo al piano terreno, del quale si dispone, come si diceva, di una tavola di disegno, non datata, ma che con tutta probabilità si riferisce al rilievo della corte piccola di Scorzarolo agli inizi del XIX secolo.

Archivio di Stato di Brescia – Fondo Ospedale Maggiore – mappe 35-2

È da rilevare che il disegno, benchè di duecento anni fa, rappresenta la corte piccola di Scorzarolo praticamente così come è oggi, con poche varianti. La più importante è la demolizione di alcuni rustici visibili nel disegno in basso a sinistra; probabilmente per un più agevole accesso al brolo situato a meridione. L’altra, meno evidente, è la chiusura a mò di veranda dell’androne esistente tra la cucina e la caminata, che nel disegno è indicato come passaggio per il brolo. Il resto pare praticamente immutato.

Nello studio

L’elenco prende avvio dalla stanza adibita a ‘studio’ arredata con ‘un scrittorio nuovo con tavola di noce’ e moltissimi libri -con elenco a parte- tra i quali spiccano quelli riguardanti le produzioni della possessione: ‘formentone, miglio, segale, risone, lino, linosa, melga, granazzo, formento, fieni, vino, bigati’; quelli relativi ai lavoratori della possessione: ‘massari, salariati, brazzenti, schieppini e razzeghini, mietitori’; altri, ovviamente, ‘del ricevuto e spese, del dare ed avere, di debiti e crediti dei massari, degli edifizi, degli affitti, delle misure di terra con ragioni d’acque’. In tutto settanta libri, ma quello più curioso e che sarebbe un vero colpo di fortuna poterlo ritrovare, è il ‘libro cucina’. Facile immaginare che contenga l’approvvigionamento di generi alimentari, ma ci piace pensare che possa contenere anche qualche ricetta di quel tempo, così da poter magari riprodurre qualche piatto della mensa di Scorzarolo per i futuri visitatori che, se reso accessibile, non mancherebbero di certo.
Non ci è dato sapere come questi numerosi libri fossero conservati, se in scaffali o armadi o altro; il compilatore si limita ad elencare, oltre la cassetta con i chiodi vista prima, quattro ‘pese’ -bilance- e ‘una corda così detta andigher [1] colle rispettive sirelle’.

Nella prima stanza dopo lo studio

Si prosegue con la ‘Prima stanza dopo lo studio’ che contiene ‘un letto con pagliazzo, due materazzi, due capezzali,  cinque lenzoli inservienti all’irrigazione [2], due stivali di tromba, tre bauli, una cassetta, un vestiario -armadio-, 53 panelli, tre quarte un copo e un stopello di ferro’ e ‘una gremola o così detta mesa per il pane’. Posto che sarebbe interessante sapere cosa sono e a cosa servono i ‘panelli’, la ‘tromba’, riferita agli stivali, potrebbe richiamarsi alla forma aperta del gambale in pelle. Ci si può fare l’idea allora che la stanza sia un locale di servizio, forse anche di riposo, per il guardafossi –daquadùr per i bresciani- addetto all’irrigazione. Le ‘quarte’ di ferro, il ‘copo’ e lo ‘stopello’ credo siano recipienti di misura per granaglie [3] ; infatti la ‘quarta’ è la dodicesima parte di una ‘soma’, che è l’unità di misura delle granaglie e corrisponde a 1,46 ettolitri, quindi una ‘quarta’ corrisponde a circa 12 litri e si divide a sua volta in quattro ‘coppi’ che, a loro volta, si dividono in quattro ‘stopelli’. Uno ‘stopello’ corrisponde allora a circa 0,76 litri.

Nella stanza del lino

La stanza successiva è la cosiddetta ‘stanza del lino’ e contiene ‘Lino esistente e raccolto sin’ora – P(es)i 30 circa, un balanzone, 3 some e 6 quarte di riso bianco, un bancaletto’. Tradotto, un ‘peso’ vale 25 libbre [3] ed una libbra, che è l’unità di misura del peso, corrisponde a 0,32 kg, quindi circa 240 kg di lino e circa cinque ettolitri di riso bianco.

Nella sacrestia

Si passa poi in sacrestia, ove si trova, tra molti altri oggetti minori ‘un banco con cassetto ad uso dei paramenti, un tavolino, 3 careghe’ -sedie-, ‘un bancaletto, un genuflettorio, un calice d’argento, una picola reliquia d’argento con ostensorio d’ottone inargentato, 4 paramenti di diversi colori da vivo ed un paramento da morto, 7 tovaglie d’altare, 2 messali da vivo e da morto, un turibolo ed una navicella di rame’ –per l’incenso-, ‘3 quadri, un crocefisso, 2 croci d’ottone’ ed ‘otto palme di fiori’ di cui ‘6 con appersorio’. Tutto molto chiaro, tranne le ‘palme di fiori’, delle quali oltre all’aspersorio, del quale per altro se ne ignora la funzione in quel contesto, non si hanno altre notizie più specifiche. Si sarebbe portati a pensare a delle composizioni floreali, ma ciò sottintenderebbe ‘di fiori freschi’, il che ci farebbe pensare ad una chiesa molto ben tenuta e frequentata ed adornata in gran pompa; per contro, se si trattasse di fiori secchi, o finti, o di composizioni di legno intagliato, il significato sarebbe ben diverso.

Nella chiesa

Accanto alla sacrestia vi è la chiesa. E qui è la conferma che nel 1797 la chiesa era nella stessa posizione nella quale si trova ora, mentre in una tavola di disegno precedente, la chiesa è raffigurata all’interno della corte grande. Veniamo al contenuto. Un breve elenco ci informa che nella chiesa di S. Giacomo in Scorzarolo vi erano a quel tempo: ‘una pala di S. Domenico, 3 quadri grandi, una lampada inargentata, 10 candellieri di legno, croce, 2 tovaglie con sopracoperta, 2 porta bocaline’ -ampolle-, ‘8 banchi di noce’ e ‘un confessionario.

Pala d’altare (2007)
Il Crocifisso (2007)

Con la descrizione del contenuto della chiesa, si conclude il lato di mattina del piano terra della corte piccola -o castello- di Scorzarolo.

Nella caminata

Si passa quindi al lato meridionale con la ‘caminata’ , ovvero la stanza con il camino. Essa contiene: ‘Una tavola d’albera -di pioppo- con tappeto a righe, un canapé -un divanetto- 2 tavolini di noce, 12 careghe, 4 quadri tra grandi e piccoli, due moglie’ -attizzatoi- e ‘due palette con pomoli d’ottone’. La caminata è la stanza principale delle dimore di un certo pregio, oggi diremmo la ‘sala’, ed è in questa stanza che si stipulano tutti i contratti che riguardano la possessione del convento. È dotata di un bel camino in pietra, all’apparenza marmo verde serpentino, con scolpito il logo dei domenicani: un cagnolino con una torcia in bocca. Se fosse confermato il tipo di pietra, si tratterebbe di pietra non locale, proveniente dal centro Italia.

Nella camera contigua alla caminata

La stanza accanto è la ‘Camera contigua a mattina’. Essa contiene: ‘Un tavolo di noce antico, un burroncino’ -scrittoio- con due cassetti, 3 quadri grandi, 7 careghe’ un letto completo, ‘quattro banche’ e ‘una donzelletta’. Lascio al lettore l’attribuzione del giusto significato della ‘donzelletta’.

Il camino della ‘caminata’ (2007)
Nello stanzino detto caminadino

Si passa ora alla parte ovest del lato meridionale, separata dalla precedente dall’androne ora trasformato in veranda abitabile. Oltre la veranda si entra nello ‘Stanzino detto caminadino contiguo alla cucina’. Per essere uno ‘stanzino’ è fin troppo pieno di roba. Vediamo le cose più interessanti, si comincia con l’arredo: ‘2 banchi di noce con sopra vestarj, una tavola con tappeto a righe, 4 careghe, un orologio con cassa di legno, 2 fornelli co’ rispettivi brusini p(er) il caffè’; si passa poi al contenuto: ‘un calice d’ottone con cassa d’argento, 3 cogome -caffettiere- di caffè’ e tre da ‘chioccolata [!], un masnino del caffè, 8 botteglie di cristallo, 7 bichieri, 2 biliconi [4], 26 bichierini del cipro e rosoglio‘. Spiccano i soli sette bicchieri, a fronte dei ventisei bicchierini per il ‘cipro’, che dovrebbe essere una bevanda alcolica tipo grappa, e per il ‘rosolio’. La stoviglieria è realizzata in piltro’ -peltro-, si tratta di cinquantuno piatti, tra grandi e piccoli, dal peso medio di 1,8 libbre (0,6 kg) due zuppiere ed alcuni altri pezzi; tutto il peltro viene pesato in complessivi 5 pesi, cioè circa 40 kg.

Nella cucina

La cucina è la stanza forse più interessante, cominciamo dal mobilio: ‘un così detto credenzone, un tavolo di noce, una farinera, una banca di legno, 5 creghe [!], 2 scanzie di legno’. Il contenuto è ben più consistente, si comincia con ‘una botassa di legno, 4 candellieri d’ottone p(er) tavola, 3 lumiere di ferro, un mortaio di bronzo ed uno di pietra, una gratarola con cassa di legno, una catena del pozzo con secchia’. Le posate sono ‘d’ottone’ e sono spaiate: ‘8 cuchiari, 14 forcine picc(ol)e, 11 cortelli, 2 forcine grandi’ ed ‘un coltello grande’; i mestoli sono tutti di ferro: ‘2 mescoli forati, un cascino, una cassa, 2 paiole forate.
Pentole e tegami abbondano: ‘4 stagnati, 2 pignatelle, 1 padellotto, 6 padelle e 3 cassarole’ tutti di rame, come ‘un tecino di rame per ova’ e ‘2 stampi di rame per pasticj’; vi sono anche ‘3 padelle di ferro per il pesce’ e ‘un bronzino’. Completano l’elenco gli oggetti attinenti al camino: ‘4 cattene da fuoco, 4 cavedoni -alari-, 5 trepiedi, una paletta, una moglia, 2 testi di ferro, 2 graticole, 2 spiedi, una lecarda’ e ‘un mena rosto a fumo’.

‘Mena rosto a fumo’ – Girarrosto automatico azionato dal moto ascendente dei fumi 

Diversamente dalle altre stanze, in cucina troviamo anche i sistemi di illuminazione: quattro candelieri di ottone e tre ‘lumiere’ di ferro. Azzardiamo che la lumiera possa essere una qual sorta di contenitore aperto per diversi lumi ad olio (o lumini di cera), da appendere al soffitto o da appoggiare sul tavolo. Il ‘cascino’ e la ‘cassa’ dovrebbero essere dei mestoli, usati perlopiù per attingere acqua. Da notare che tra i metalli che costituiscono i vari oggetti elencati non vi è l’alluminio, così comune oggi, ma solo rame, ferro, bronzo e peltro. L’alluminio a quel tempo era conosciuto come metallo prezioso; la lavorazione economica dell’alluminio è infatti iniziata solo nel 1888.

Nello stanzino della ferramenta

Accanto alla cucina è il cosiddetto ‘Stanzino della ferramenta’. All’interno ‘2 rasegotti, 1 cerchio di bote, 2 catenoni, 13 cuonj -cunei- di ferro [5] e 2 zovi -gioghi-‘.

Nella camera del cavalcante

Segue la ‘Camera del cavalcante del Convento’. Non ci sono altre indicazioni sulla curiosa attribuzione del locale, se non lo scarno contenuto che annovera, oltre ad un letto completo, ‘una cassetta d’albera, un tavolino di noce, 2 careghe ed un genuflettorio d’albera’. La destinazione d’uso suggerirebbe trattarsi di un locale utilizzato da un ipotetico messaggero, sempre a disposizione per recapitare ordini e messaggi da Scorzarolo al convento in città e viceversa, ma questa supposizione è tutta da dimostrare.

Nella cantina

Anche il locale seguente ‘Nella canevaè oltremodo interessante. Si tratta della cantina del castello contenente ‘5 tinazzi grandi uguali’ e tre botti piene di vino puro, la più grande delle quali contiene ’66 bre(nt)e’. La ‘brenta’ è una unità di misura per liquidi, generalmente in uso nelle provincie limitrofe, ma non nel bresciano, ove vige invece la ‘zerla’ che corrisponde a circa 0,49 ettolitri (hl) [3]; se la brenta citata è quella in uso nella bergamasca, corrisponde a 0,70 hl. Se invece il compilatore intendesse semplicemente indicare l’unità di misura vigente, allora 66 (zerle) corrisponderebbero a 32 ettolitri -46 ettolitri nel caso di brente bergamasche. Una bella botte grande, dalle dimensioni indicative di 2,0 m di lunghezza per 1,60 m di diametro medio. Complessivamente nella cantina vi sono 173 brente (zerle?) di vino puro e 66 di uva nelle cinque botti più grandi; vale a dire 84 hl di vino e 32 hl di uva. Da qui si capisce che l’inventario è compilato nel pieno della vendemmia e, dato molto più importante, a Scorzarolo si coltivavano i vigneti e si produceva molto vino, dato confermato dall’esistenza di ben cinque ‘tinazzi’ di uguali dimensioni. In cantina vi sono anche altre botti più piccole, barili e vari ‘carrari’ [6]. Nei nove ‘carrari’ trovati in cantina, con capacità dalle 14 zerle il più grande, alle 2,5 zerle del più piccolo, vi sono 37 zerle di vino puro, altri 18 ettolitri di vino; davvero una produzione impressionante. Con la cantina, nella quale vi sono anche altri oggetti minori, si conclude l’inventario del piano terreno del castello di Scorzarolo.

Abbiamo visto con quanta cura e precisione sono elencate e misurate le cose sequestrate al convento ed affidate all’ospedale. Chissà che questo elenco non permetta, in un ipotetico futuro, di poter allestire una qualche stanza secondo il gusto dell’epoca, per la gioia e l’apprezzamento dei -molti, sono sicuro- potenziali visitatori di Scorzarolo, un po’ castello, un po’ convento, un po’ fattoria, in quel di Verolavecchia.

Per chi fosse interessato, è disponibile l’originale del documento (pdf) e la sua trascrizione. Inviare richiesta con il form a lato o via social.

[1]  Corda di canapa con estremità ricoperte di cuoio, con due o più sirelle (carrucole), costituiva un sistema di sollevamento per carichi pesanti (cfr. Beluffi-Bettinzoli – Il museo diffuso del Botticino – Tesi di Laurea 2010 – pag. 226) – http://www.politesi.polimi.it).
[2]  Probabilmente usata come sbarramento mobile tra un chiavichetto e l’altro nell’irrigazione per sommersione. La tela, appoggiata ad una struttura mobile e leggera di legno, permette di imbrigliare l’acqua nel fosso irriguo in modo da agevolarne lo straripamento nelle bocche d’irrigazione.
[3]  Vedasi: ‘Tavole di ragguaglio dei pesi e delle misure già in uso nelle varie provincie del Regno – Stamperia Reale (Roma, 1877) – pag. 121 – https://books.google.it/
[4]  Un gran bicchierone, pare derivi dal tedesco vil kumft, che si usa per salutare con un brindisi l’arrivo di amici, da cui willekommen (benvenuto) – https://books.google.it/
[5]  I cunei di ferro sono usati come spaccalegna https://www.youtube.com/watch?v=Wm30V4BF1Y0
[6] Il carraro è un tipo di botte con fondo piatto, adatto ad essere trasportato su carro e della capacità standard di 15 zerle, corrispondenti appunto ad un ‘carro’ che è l’unità di misura multipla delle zerle.  https://books.google.it/

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