Se ne è persa ormai quasi anche la memoria, ma un tempo gli abitanti dei diversi paesi e villaggi della pianura bresciana -e non solo- erano contraddistinti da uno specifico nomignolo diverso da paese a paese. È ovviamente difficile risalire all’origine del come e del perchè si siano formati e si siano successivamente tramandati fino a noi, e nemmeno è dato sapere se questi nomignoli, o scotöm, come diciamo da queste parti, siano rimasti pressochè immutati nel tempo o abbiano subìto aggiornamenti o sostituzioni ed anche se siano univoci oppure se abbiano diverse variabili conosciute in zone diverse del circondario.
Vengono ancora talvolta usati e rievocati in occasione magari di rappresentazioni carnevalesche o come corollario per motti di spirito goliardici; oggi, nella citazione di questi nomignoli, prevale il carattere simpatico e burlesco rispetto all’offensivo o diffamatorio come era invece un tempo ormai lontano.
Un tempo si usava catalogare, facendo di ogni erba un fascio, tutti gli abitanti di un dato luogo come il nomignolo suggeriva, così per esempio tutti gli abitanti di Bagnolo Mella erano söche -zucche- o quelli di Cigole erano (tutti) indicati come cöcömer -cetrioli. Celebre a tal proposito è quel detto antico di quel bottegaio che, vedendo il proprio cliente allungare un po’ troppo le mani sul bancone, ebbe a redarguirlo: ‘tèe, té šó lé ma dèl banc’ [tu, togli le mani dal banco] al che, il clente volle replicare: ‘ma mé só dè Traaiàt’ [ma io sono di Travagliato], pronta la risposta del bottegaio: ‘alùrå förå dè botégå’ [allora esci dalla bottega], riferendosi al luogo comune che vede (vedeva) tutti gli abitanti di quell’importante centro dell’alta pianura accomunati dal nomignolo di làder -ladri.
Nelle note che seguono si riportano gli scotöm degli abitanti di numerosi centri grandi e piccoli della pianura, così come sono stati nel tempo tramandati, per puro spirito di documentazione e di conservazione di un patrimonio, anch’esso culturale, che non deve essere disperso. Altre lodevoli iniziative in tal senso si registrano facendo qualche piccola ricerca sul web, come questo interessante volume sui soprannomi di Lumezzane.
Molti nomignoli ricordano tempi tristi, come per i bresciani di Brescia città detti citadì màiå sórghe -cittadini magia ratti, a ricordo probabilmente di qualche assedio dove gli abitanti si ridussero a dar la caccia ai roditori pur di sbarcare il lunario. A questi possiamo aggiungere anche gli abitanti di Poncarale detti màiå mal -mangia male, quelli di Flero, Milzano e Visano, detti gós -gozzi- e quelli di Cigole, gošatù -dal grande gozzo. Anche per i periodi di pestilenza troviamo traccia nei nomignoli dei paesi: così gli abitanti di Cizzago sono detti i trédes malégn -i tredici maligni, poichè pare che dopo una di queste tristi sciagure fossero sopravvissute solo tredici persone. Per lo stesso motivo gli abitanti di Cremezzano sono detti i trentåsés -i trentasei.
La parte del leone, nell’elenco dei nomignoli della bassa, la fa il mondo animale e così se i Verolesi di Verolanuova sono detti óche -oche, quelli di Verolavecchia sono bò -buoi, accomunati in tal contesto a quelli di Bassano Bresciano, anch’essi bò. Si passa poi ai polastrèle -pollastrelle- che sarebbero gli abitanti di Casalmoro, ai martorèi -piccole martore- di Fiesse e di Remedello di Sotto, o ai lömagòcc -lumaconi, limacce- detto di quelli di Remedello di Sopra; vèr -verri, maiali- invece sono detti gli abitanti di San Gervasio e gacc -gatti- quelli di Zurlengo di Pompiano. Una annotazione aggiuntiva merita l’abbinamento alle martore (martorèi) che, come è noto, è un carnivoro predatore notturno che non disdegna qualche razzia nei pollai, se disponibile; l’accostamento può allora essere tradotto anche con ‘ladri di galline’.
Anche il carattere delle persone ha la sua importanza nel connotare i residenti di numerosi centri. Gli abitanti di Cadignano di Verolanuova, come quelli della parte orientale di San Paolo, un tempo detta Pedergnaga e quelli di Pompiano sono soprannominati malégn -maligni, maledècc -maledetti- sono invece detti gli abitanti di Castelletto di Leno e danàcc -dannati- quelli di Gambara. Per la verità i Gambaresi avrebbero anche un altro scotöm: liscù nel senso di lazzaroni. Quelli di San Paolo, ma dalla parte di Oriano (ovest) sono detti prepotèncc -prepotenti- e gròs -grossi, nel senso di zotici quelli di Corzano, ai quali si aggiungono gli abitanti di Faverzano di Offlaga che sono detti piò -aratri, non nel senso di attrezzi agricoli, ma piuttosto assimilati all’antica unità di misura bresciana dei terreni, il piò appunto, che corrisponde a 3255,34 metri quadrati. Frequente era, e lo è ancora a volte, l’espressione i-è gròs cóme i piò -sono grossi come i piò (non aratri però!).
Sempre attinenti al carattere delle persone sono i soprannomi degli abitanti di Cignano di Offlaga, detti ‘mpustùr -bugiardi, quelli di Pavone Mella soprannominati faù -millantatori, contaballe- e quelli di Corticelle Pieve di Dello detti birichì -birichini. A Padernello di Borgo San Giacomo invece sono bu dè töt -capaci di tutto; Orzinuovi è invece la patria dei fés -tanto, forse nel senso di tanto di tutto.
Un’altra categoria, se così si può dire, è quella legata al mondo vegetale e così abbiamo, come detto, söche -zucche- per gli abitanti di Bagnolo Mella e diverse variabili come söchelòcc -grosse zucchine- che identifica gli abitanti di Bargnano di Corzano e sücù -zucconi- per quelli di Capriano del Colle, Coniolo di Orzinuovi e Pavone Mella. Fašulì -fagiolini- sono invece denominati i Ghedesi; cöcömer -cetrioli, nel senso di ingenui gli abitanti di Gerolanuova di Pompiano e scuriadì -piccole carrube?- quelli di Dello.
La mancanza di perspicacia nelle persone è oggetto di attenzione per identificare gli abitanti di questo o quel paese, così gli abitanti di Quinzanello di Dello sono detti maröc -duri di comprendonio, quelli di Scarpizzolo di San Paolo tóncc -tonti- e quelli di Borgo San Giacomo ciaèle -buoni a nulla. Gli abitanti di Borgo hanno anche un altro soprannome: borgiói, del quale se ne ignora il significato. Anche gli abitanti di altri centri della bassa hanno soprannomi difficili da definire: è il caso di Leno, i cui abitanti sono indicati come léboi o anche come strombòcc, quest’ultimo termine potrebbe avere attinenza con il ‘parlare a vanvera’, ma è solo un’ipotesi. I Manerbiesi sarebbero tutti gerös, forse nel senso di cavatori di ghiaia, mentre gli abitanti di Pralboino sono invece detti sašanècc, dal significato oscuro.
L’ambito religioso è tirato in ballo dagli abitanti di Alfianello, detti brüšåcrìst -bruciacristo, mangiapreti- e quelli di Gottolengo soprannominati beghì, se a questo termine diamo il significato di beghini, bigotti.
Completano la rassegna gli ultimi conosciuti e piuttosto singolari soprannomi. Si va dai marsù -marcioni, detto degli abitanti di Meano di Corzano, ai ströcc -sporchi di caligine, attribuito agli Offlaghesi, per finire con i càå steài -leva stivali, riferito agli abitanti di Borgo Poncarale e ai treècå pìnte -rovescia boccali- a quelli di Orzivecchi.
Il leva stivali è quell’attrezzo che viene usato appunto per togliersi gli stivali con poca fatica e senza piegarsi, ma è anche un aggeggio che può intralciare i movimenti e far cadere a terra il maldestro utilizzatore. E proprio in questo senso è visto il soprannome degli amici di Borgo Poncarale: un impiccio, un fastidio tra i piedi di cui è difficile liberarsi.
Per i treècå pìnte di Orzivecchi non servono molti dettagli, basta una sola immagine.
Per finire in bellezza, non è possibile tralasciare gli abitanti di Asola nel mantovano che sono tutti, ma proprio tutti, dei veri nobii -nobili.