Ricerche sulla storia, tradizioni e curiosità del territorio verolese - di A. Barbieri

Il castello di Verolavecchia

Il castello di Verolavecchia
La torre del castello di Verolavecchia

Particolari interessanti

Il castello nelle antiche mappe

Il castello nelle cartoline postali

Fonti documentarie e narrative


La torre del castello di Verolavecchia è un monumento assai interessante, ed è probabilmente la costruzione più antica del territorio verolese.

La struttura possente e la conformazione delle aperture, ad arco a sesto acuto, ne fanno risalire verosimilmente la sua realizzazione a non oltre la fine del XV secolo, restando prudenti. Ciò anche in considerazione delle vicende storiche del ‘400 bresciano che hanno interessato pesantemente la pianura e che farebbero pensare ad una costruzione ancora più antica, considerandola appunto come parte di un apparato di difesa nei confronti degli eventi drammatici di quel periodo.

La facciata sud della torre del castello di Verolavecchia (2007)

Particolari interessanti

Ad una osservazione più attenta, ora che l’intonaco che proteggeva la struttura muraria è in buona parte (purtroppo) crollato, risultano evidenti le tracce per l’alloggiamento dei bolzoni1 del ponte levatoio, nella muratura della torre.  Nelle foto, in verità un po’ datate (2007), sono perfettamente riconoscibili gli scassi, poi riempiti con muratura di mattoni, destinati ad ospitare i bolzoni del ponte carraio e pedonale, in modo che,  a ponti sollevati, sarebbero così venuti a trovarsi completamente incassati -a scomparsa- nella muratura.

I particolari interessanti della facciata sud della torre

In tempo di ‘corona virus’ non è purtroppo possibile visionare da vicino il monumento e trarne degli utili rilievi architettonici, attività che ci si propone di compiere non appena possibile; per ora accontentiamoci del materiale a disposizione sul web ed in archivio personale.

Il fatto che le tracce degli scassi per l’alloggiamento dei bolzoni si trovino sulla facciata sud della torre indica senza ombra di dubbio che quella facciata è in realtà l’esterno del castello vero e proprio e che l’entrata, dotata di ponte levatoio,  era protetta da un fossato antistante. Un’altra osservazione ci permette di fare qualche considerazione sulle dimensioni delle aperture.

In particolare, quella pedonale a sinistra, tamponata con muratura, mostra evidente l’arco in mattoni che la chiude superiormente e da questo dobbiamo considerare che la soglia d’ingresso doveva trovarsi ad almeno un paio di metri sotto di esso. Il piano di ingresso doveva quindi essere un poco più rialzato rispetto alla quota attuale del terreno circostante. L’apertura carraia, da quel che se ne può capire dalle foto, sembrerebbe essere alta all’incirca il doppio di quella pedonale, quindi diciamo circa quattro metri per due e mezzo di larghezza pressapoco. Si vede anche che la porzione di facciata che ospita le due aperture ha uno spessore inferiore al resto della costruzione; più precisamente presenta un incavo pari ad una testa di mattoni, che farebbe pensare all’alloggiamento degli impalcati dei due ponti, tratti in posizione verticale dai bolzoni con la chiusura dei ponti. Da questa osservazione se ne potrebbe dedurre anche la larghezza del fossato, che avrebbe dovuto essere di poco inferiore all’altezza della porta carraia.

Qualche auspicabile saggio archeologico all’interno ed intorno al monumento, potrebbe rivelare altri interessanti particolari, indispensabili per poter avere una visione più precisa sulle vicende attraversate dall’edificio.

Per quel che ne è dato di capire dal materiale a disposizione, se ne può dedurre che la nostra ‘torre civica’ è quanto rimane del castello di Verolavecchia, o più precisamente si potrebbe ipotizzare trattarsi della porta di accesso al suo ‘ricetto’, la parte cioè più interna e protetta del castello, destinata al ricovero delle persone e delle vettovaglie in caso di pericolo di attacco esterno. Esempi di strutture simili ne sono sopravvissuti anche vicino a noi come a Cigole ed Alfianello.

Il castello nelle antiche mappe

Purtroppo non abbiamo ancora avuto per Verolavecchia la fortuna di imbattersi, come per Scorzarolo, in una mappa antica per farsi un’idea di come doveva essere questo castello. Al momento, la mappa più antica che si ha a disposizione è quella del 1809, la cosiddetta ‘napoleonica’.

La mappa del 1809 (Napoleonica)

Appare subito evidente dalla mappa in oggetto la somiglianza con lo stato attuale della zona, però con qualche sostanziale differenza. Si vede bene l’andamento curvilineo, che rispecchia lo stato attuale, delle abitazioni che fronteggiano l’odierna via Cesare Battisti, costruite verosimilmente sull’antico perimetro delle mura medievali. La cortina termina a nord con l’oratorio di S. Croce in Castello (lettera F), già chiesa di S. Maria Maddalena e sede della confraternita dei disciplini, o disciplinati di S. Croce, contraddistinti dall’abito bianco [T. Casanova, 1999 – pag. 79]2 . Della chiesa si è persa la memoria e attualmente la costruzione corrispondente a quella indicata sulla mappa è un’abitazione civile.  È ben visibile anche la chiesa di S. Rocco (lettera B), nella parte inferiore della mappa, a lato della roggia dei Mulini; qui aveva sede invece l’omonima confraternita, contraddistinta dall’abito verde.3 Più a valle, seguendo il tracciato della stessa roggia, sono evidenti i due mulini -del primo se ne è persa anche la memoria- corrispondenti ai due salti d’acqua della roggia.

All’interno della cerchia muraria, oltre all’ingombro della torre, si notano solo tre costruzioni di cui una aderente  alla torre stessa e poi alcune particelle indicate con propri numeri di mappa che potrebbero indicare, almeno in un caso, l’ingombro di edifici perduti o diroccati. Inoltre è ben visibile, rappresentato con tratteggio a matita, l’andamento del rilievo del terreno che raffigura una sorta di vasta ‘collinetta’, oggi purtroppo completamente spianata.

Nella rappresentazione successiva tratta dalla mappa del 1852, la cosiddetta ‘del Lombardo Veneto’, la situazione non è molto dissimile: non è più indicato l’oratorio di S. Croce, segno che probabilmente era già stato soppresso.

La mappa del 1852 (Lombardo – Veneto)

Si nota invece che dalla roggia dei Mulini, all’altezza del primo salto e poco a monte del primo mulino, si è ricavato un rigagnolo d’acqua, con tutta probabilità per permettere la coltivazione dei piccoli appezzamenti di terra ricavati dallo spianamento dell’area interna del castello. Un’altra osservazione interessante è l’indicazione del nome delle strade: contrada del Castello è l’attuale via N. Sauro e C. Battisti e contrada Ferrera è l’attuale via Montegrappa.

La mappa del 1898 (vecchio catasto urbano)

Anche nella mappa successiva, del 1898 o del ‘cessato catasto urbano’ la situazione urbanistica non è molto diversa. Cambiano ancora i nomi delle vie: la contrada del Castello è ora denominata via Larga e la contrada Ferrera diventa via Stretta. Appare però una singolare costruzione circolare, nel bel mezzo di quello che un tempo era una collinetta … che si tratti forse di una ghiacciaia?

La ricostruzione del castello di Verolavecchia per mezzo delle mappe storiche si ferma purtroppo qui. Per la verità, un’altra mappa ci sarebbe ed è quella della ‘galleria delle carte geografiche’ dei musei vaticani a Roma; rappresentazione voluta da papa Gregorio XIII nel 1580. In questa grandiosa raffigurazione di tutto il territorio italiano, Verolavecchia è rappresentata con i suoi quattro castelli: Scorzarolo, Verolavecchia, Villanuova e Monticelli. L’illustrazione dei diversi castelli non è però da intendere come effettiva rappresentazione dell’esistente, ma semplicemente come indicazione della presenza di nuclei abitati; non è quindi possibile farsi un’idea della conformazione del castello dalle carte geografiche vaticane.

I castelli della bassa bresciana nella ‘Galleria delle carte geografiche’ – Musei Vaticani)

Il castello nelle cartoline postali

Con l’ausilio delle mappe catastali si è potuto vedere come la zona del castello sia rimasta pressochè immutata per tutto il XIX secolo. É grossomodo la stessa situazione che apparentemente si riscontra nella cartolina postale qui sotto degli anni trenta del XX secolo. La foto ritrae la facciata nord della torre e sulla sinistra sono ben evidenti i rimasugli della collinetta sulla quale verosimilmente insisteva l’impianto del castello. È anche evidente lo spianamento della parte centrale e destra della foto, probabilmente per realizzarvi una specie di campo sportivo di quei tempi con ingresso protetto da un cancello con quattro pilastri in muratura. Molto interessante è la piccola costruzione cilindrica ai piedi della torre e l’altezza della ‘collinetta’, almeno un paio di metri abbondanti.

Cartolina postale viaggiata 1936 – lato nord

Un’altra cartolina postale è degli anni sessanta ed è proprio in questo ultimo periodo di tempo che, con la costruzione dell’edificio scolastico, vengono anche demolite le costruzioni aderenti alla torre e spianati gli ultimi rimasugli della collinetta, le cosiddette ‘montagnette del campo’, vero e proprio parco giochi dei ragazzi di quel tempo. Le cartoline postali sono tratte dal vecchio sito della Pro Loco di Verolavecchia.

Cartolina postale viaggiata 1964 – lato sud

Fonti documentarie e narrative

Con le due cartoline postali qui sopra si è di fatto esaurito il compendio delle fonti iconografiche di un certo rilievo. Per avere altre informazioni sul nostro castello è necessario fare affidamento alle fonti documentarie e narrative.

Il primo documento che si propone è il cosiddetto Catastico Bresciano di Giovanni da Lezze del 1610. Occorre sapere che la Serenissima Repubblica di Venezia, alla quale è stato sottoposto il territorio verolese fino al 1797, aveva dato  disposizioni affinchè ogni capitano (o podestà) reggente un dato territorio, al termine del suo incarico avrebbe dovuto relazionare per iscritto e non solo a voce sulla provincia da ciascuno amministrata. E così, a partire dal 1524, si susseguirono in Brescia parecchi capitani e reggenti ed ognuno di essi ebbe a compilare una relazione più o meno ricca di informazioni. Per la precisione fino al 1609 se ne contano circa una ventina, ma il più corposo e dettagliato è senz’altro quello redatto dal patrizio veneziano Giovanni da Lezze. In quella relazione il territorio di Verolavecchia è così menzionato: ‘Verolavecchia, con un pocco di castello et fosse spianate, de fuoghi 180, anime 1800 de quali utili 400, in piana’.4 Anche per Scorzarolo vi è una descrizione:

La pagina del ‘Catastico’ che riguarda Scorzarolo.

Non abbiamo altre fonti documentarie importanti sul castello di Verolavecchia se non alcuni documenti che menzionano indirettamente il castello. Interessante e sapientemente commentato è quello in T. Casanova, 1999 – pag. 69   che cita espressamente la torre. Si tratta dell’inventario, redatto il 13 agosto 1603, dei beni mobili e immobili di pertinenza della chiesa parrocchiale di Verolavecchia, ritrovati dopo la morte del reverendo Mons. Tarquinio Dati. Tra gli immobili elencati figura anche ‘una casa in castello … de duoi tratti posta a presso la torre’ ed anche ‘un sedume in detto castello per fabricar una casa desopra ala torre verso matina’. Nelle pagine precedenti dello stesso testo, un altro documento cita di sfuggita ‘… la casa della chiesa nel castello o spalto’.

Altre preziose informazioni potrebbero arrivare da uno studio puntuale degli estimi nei fondi dell’Archivio di Stato di Brescia che ci si propone di indagare prossimamente.

Le fonti narrative contemporanee che riguardano più o meno direttamente le vicende storiche del castello di Verolavecchia si limitano ad osservare che ‘il castello di Verolavecchia, assieme a quello di Scorzarolo, venne conquistato dal Sanseverino nel 1483’. Tuttavia sull’argomento degli avvenimenti bellici di quel tempo, ed in particolare di quella parte di pianura presso il fiume Oglio vi sono parecchie informazioni. Si consideri al riguardo, che il corso del fiume Oglio ha segnato il confine di stato tra la Serenissima ed il Ducato di Milano per quasi quattrocento anni: dalla ‘Pace di Ferrara’ del 1428 alla caduta della Repubblica di Venezia nel 1797.

Non a caso due delle cinque fortezze in terra bresciana della Repubblica erano proprio sull’Oglio: Orzi novi e Pontevico; le altre tre erano il castello in città –Cidneo-, Anfo (Rocca d’Anfo) ed Asola sul fiume Chiese, a confine col mantovano ma anch’essa non lontana dal solco dell’Oglio. Pur non essendo direttamente interessato dalle dispute di confine, anche il territorio verolese registra quindi passaggi di eserciti, razzie e distruzioni in special modo nel XV secolo; certamente in modo minore rispetto a ciò che accadde per i già citati Orzinuovi e Pontevico e anche per i castelli minori di Quinzano e Seniga, ma tuttavia degno di approfondimento.

In un prossimo articolo ci si dedicherà a questo argomento prendendo in esame le opere dei cronisti e degli storici più vicini nel tempo agli avvenimenti trattati (potenza di Internet!).

[1]: Bolzoni: travi in legno ‘a bilancia’ per la movimentazione del ponte levatoio mediante contrappesi all’interno.

[2] – T. Casanova – La memoria lunga, la parrocchia di Verolavecchia nelle visite pastorali dal ‘500 al ‘700 – Parrocchia di Verolavecchia, 1999.

[3] – I componenti delle confraternite erano detti anche popolarmente ‘robåsòche’ -rubaceppaie- o anche ‘tonegòcc’ -dalle lunghe tuniche, baciapile. Un bel ricordo sulle antiche usanze in: L. Tartini – La festa di S. Croce a Verolavecchia – Comunità, 1997

[4] – A. Bonaglia, M. Zane – Verolavecchia: La sua storia – Edit. Rothari, 1998 – pag. 200.

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