La scoperta di una nota autografa del 1941 è lo spunto per tracciare un breve ritratto del dottor Giovanni Panini, medico condotto di Verolavecchia nel periodo tra le due guerre.
Il documento in oggetto è una richiesta ‘alle superiori autorità’ affinchè si rendano conto della situazione drammatica che vivono molte famiglie verolavecchiesi. Se ne riporta di seguito la trascrizione integrale.
‘Sento spesso in varie case lamentele per l’impossibilità di potersi procurare generi di vera necessità per
infermi vecchi, per malati acuti, per bambini in special modo durante il divezzamento (farina di riso, pastina glutinata, ecc).
Se fosse possibile sarebbe bene interessare le superiori autorità perché almeno ai bimbi dei primi due
anni ed ai malati acuti a domicilio ed in speciali condizioni di indigenza (anche se affetti da malattie non comprese nell’elenco stabilito fosse concesso di procurarsi razioni supplementari di grassi (olio) o di farina di riso o di pastine, secondo i casi e le necessità naturalmente da comprovarsi.
Verolavecchia 9-X-941 – XIX
Dr. Giovanni Panini
Il dottor Giovanni Panini non era originario di Verolavecchia, come suggerisce il cognome che non è comune da queste parti, ma bensì di un paese del piacentino e precisamente di Castelvetro dove era nato il 28 novembre del 1893 ed era figlio del medico condotto del paese Annibale Panini. Si era trasferito a Verolavecchia presumibilmente dopo la prima guerra mondiale, avendo vinto un concorso pubblico per medico condotto. Una tradizione di famiglia quindi, quella di occuparsi della salute del prossimo; tradizione che continuerà poi con il figlio Annibale ed il nipote Giovanni.
Partecipò alla prima guerra mondiale col grado di sottotenente medico, come testimonia la tessera di affiliazione alla locale sezione della ‘Associazione Nazionale Combattenti’, alla quale risulta iscritto dal primo febbraio del 1922. Dallo stesso documento si apprende che il nostro fu insignito della croce di guerra e della medaglia commemorativa della Campagna per l’unità d’Italia interalleata. Il presidente pro tempore della sezione è Battista Anni.
Da informazioni raccolte presso i familiari ed anche nel paese, da chi ne ricorda ancora la figura e le vicende, si apprende che la famiglia era composta dal dottor Giovanni, dalla moglie Emma Zaccarini e dai figli Emilietta ed Annibale, a sua volta medico condotto a Verolanuova. Con loro viveva anche la sorella della signora Emma, affetta da una qualche forma di disabilità, che si occupava di organizzare gli appuntamenti del cognato, con funzioni di segretaria quindi. Dopo la morte della moglie, avvenuta nel 1961, il dottor Giovanni sposò la cognata, così da poterle assicurare anche una rendita vitalizia.
Il dottor Panini passò a miglior vita il 24 aprile 1970.
Dall’Annuario Generale d’Italia e dell’Impero Italiano del 1939 apprendiamo che a Verolanuova 1 si contano quattro ‘Medici-Chirurghi’, oltre a Giovanni Panini a Verolavecchia, vi sono Giacomo Paroli e Giuseppe Pedrotti a Verolanuova e Leandro Scanzi a Cadignano. L’annuario è oltremodo interessante perchè offre, nella pagina di Verolanuova, l’elenco completo delle attività presenti nel territorio verolese in quel tempo.
Conclude questa breve carrellata una pagina del periodico parrocchiale ‘Comunità’ che riporta una allegra storiella composta dal concittadino Pietro Brunelli in onore del Cavalier Panini.
Se ne riporta la trascrizione in italiano per comodità dei non bresciani, ma se ne consiglia la lettura in lingua originale per apprezzarne le sfumature dei modi di dire.
‘Filastrocca stupida o ridicola come piace a questa combriccola
‘Qui al nostro paese, molti anni fa
il nome del sindaco lasciamo perdere,
c’era come arciprete il povero Don Tenchini 2
una sapienza, che non so nemmeno io a chi [paragonare]
oggigiorno è ancora ricordato
perchè di una tacchina la storia ha cantato 3
di una tacchina morta ad una povera donnicciola
lasciandole sul nido trenta uova fresche di gallina
io, ad una celebrità cosi [alta] non sono ancora arrivato
perchè, lo sapete bene, sono ancora curato
però se con devozione mi ascolterete
la storia vi racconterò di un ‘giambù’ 4 e di un tacchino
Mentre una sera passavo per la piazza
così, adagio col mio bastone
mi viene incontro il signor Bigì [Luigino] per dirmi qualche cosa
che mi ha riempito il cuore di allegria
D. [Don?] Pea dice: c’è un tacchino a disposizione
di quel numero preciso di mangioni 5
che l’anno scorso, ne hanno avanzato nemmeno un boccone
e nel numero dei privilegiati
c’ero io e D. [Don?] Bigio Quinzanini,
il dottore cavaliere [Giovanni Panini] e Batistì Anni
(Bortol Pasini e Valerio Dalai
che a tavola mangia senza guai)
Bigì spesier 6, Berdì barbér [il barbiere] e Giacom Valenti
e qualcun altro che ha ancora i denti.
Ci siamo dati appuntamento
qui da Longinotti [?]
non per niente
così per far notte
e tra una bazzecola ed un ragionamento
abbiamo mangiato tacchino e ‘giambù’
E adesso siamo qui! Del tacchino
non è rimasto nemmeno un ossicino
e del ‘giambù’ del dottore
è sparito anche l’odore
e non ci rimane che leccarci il dito
‹porca miseria› che mangioni!
Abbiamo magnato da zoticoni!
Senza contare il vino bevuto
e le bottiglie sparite.
Ma adesso che le pance sono piene piene
si ha anche voglia di ‘grattarsi le vene'[?]
per celebrare
chi alla festa ha dato occasione
Il dottore nostro l’occasione ha dato
perchè dopo le vacanze ritornato
sul tavolo ha trovato
la nomina che gli hanno fatto
nel Direttorio cioè: l’hanno messo
della federazione provinciale
e questo lo dico senza scherzo
molto bene hanno fatto e nesun male
perchè il dottor Panini già ‘cavalier’
per le sue benemerenze … 7
Si ringrazia la Sig.ra Renata Panini per le informazioni e le immagini fornite.
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Note:
1. Dal 1928 al 1948 il comune di Verolavecchia è stato aggregato a quello di Verolanuova.
2. Don Antonio Tenchini (Manerbio 1804 – Verolavecchia 1863) arciprete di Verolavecchia dal 1831 al 1863, appassionato cultore del dialetto bresciano, sagace ed arguto poeta – Brixia Sacra 1950 Monografie di storia bresciana – n. 33, fasc. 1.
3. ‘La pòla‘ è un celebre componimento di Don Antonio Tenchini pubblicato la prima volta nella ‘Illustrazione del Lombardo-Veneto’ di Cesare Cantù, poi ripreso da A. Canossi in ‘Melodia e altre poesie dialettali bresciane (A. Fappani, T. Gatti – Antologia del dialetto bresciano – La voce del popolo, Brescia 1971 – pag. 123)
4. ‘Giambù’ è un termine sconosciuto, inesistente anche nel celebre Vocabolario Bresciano-Italiano del Melchiori (1817) https://books.google.it forse traducibile con ‘prosciutto’. Nella storiella si dice offerto dal dottor Panini.
5. ‘Lifrucù’ sta per ‘merendone’, compagno di merende, ma anche stolto, zoticone (Melchiori – 1817).
6. Luigi Franchi, il farmacista del paese.
7. Il finale è poco chiaro, pare monco di almeno una frase di chiusura. Portroppo non si dispone dell’originale.