Ricerche sulla storia, tradizioni e curiosità del territorio verolese - di A. Barbieri

Scorzarolo nelle carte dell’Archivio di Stato

Scorzarolo nelle carte dell’Archivio di Stato
Le pergamene dei testamenti di Giovanni (1487) e Aloisio Testa (1515)

Delle vicende storiche di Scorzarolo, la piccola frazione di Verolavecchia ora proprietà degli Spedali Civili di Brescia, se ne è sempre saputo poco o nulla. Quel poco che ci era dato sapere, da racconti tramandati nel tempo, si è poi scoperto essere frutto di fantasia o leggenda, come quella che vorrebbe i terreni di Scorzarolo ‘raddrizzati’ dai frati, oppure quella che farebbe risalire il nome della chiesetta della Madonna delle Cave ad una cava di sabbia nelle vicinanze!

Trattandosi di un pezzo di territorio ormai dimenticato perfino dalla proprietà, che lo lascia crollare pezzo dopo pezzo, mai profondamente indagato e studiato, se non per il capitolo Scorzarolo e le sue chiesette in ‘Chiese e monasteri del territorio verolese nel medioevo’ di A. Bonaglia – Vannini, 1972 e nel saggio S. Pietro e le chiese campestri di T. Casanova, nel volume ‘Ombre senza voce’ – Terra e Civiltà, 1998, si è pensato che fosse importante saperne un po’ di più, in modo se non altro da conservarne almeno la memoria.

In verità lo studio è un poco più ambizioso, volendo servire come base per un eventuale tentativo di recupero almeno degli edifici storici che compongono il piccolo borgo.

E così, in settembre 2019, sono iniziate le ricerche presso l’Archivio di Stato di Brescia. Inizialmente si sono consultate le carte topografiche storiche del territorio, prima di tutto quelle del Fondo Ospedale Maggiore, trattandosi dell’antico archivio dell’attuale proprietà.

Qui la prima sorpresa! Il numero uno della raccolta delle carte dell’ospedale riporta: ‘Tavola de li campi de RR PP in Scorzarolo – 1655’. Incredibilmente il nome dell’insignificante grumo di case non solo è conosciuto, ma figura nientemeno che in capo a tutta la serie di carte storiche. Richiesto di poter visionare il documento, ne è sortito un grande rotolo di carta restaurata e fissata su un supporto di tela grezza dalle dimensioni impressionanti: circa m. 1,20 x 2,00, per altro gemella dell’altra che si trova menzionata al numero due della raccolta: ‘Tavola seconda della possessione dei molini’ e si riferisce al territorio di Cadignano e Faverzano, confinante a sud con Scorzarolo.

Cartiglio della carta del 1655

Il cartiglio della carta numero uno riporta: A Molto Reverendo Padre Fra DOMINICO DA Seniga / […] e Vicario di Scorzaruolo dedicato / [Tavola? P] rima delli beni de gli Revevendi Padri di S. Domenico / posti nella Villa di Scuorzaruolo, con le sue raggioni d’ / Acque, etcetera. Fatto con grandissima industria e diligenza da / Lelio Zucchi cittadino di Brescia habitante in Virola. / […] anno 1655 alli 16 di Settembre / S[ca]la de Cauezzi cinquanta Bresciani.

Altro discorso merita invece la parte del Fondo Ospedale Maggiore che riguarda i documenti ‘scritti’. Qui il nome ‘Scorzarolo’ compare solo un paio di volte nelle circa millecinquecento voci, ognuna delle quali rimanda ad un faldone pieno zeppo di fogli che attendono solo di essere consultati. Per districarsi nella mole enorme di documenti è necessario restringere il più possibile la ricerca agli argomenti che potrebbero essere più attinenti. Considerando che fino al 1797 il latifondo di Scorzarolo era di proprietà dei domenicani, ovvero dei frati di S. Domenico di Brescia, sarà necessario innanzitutto esplorare questa raccolta.

Nel Fondo Ospedale Maggiore, le voci che riportano esplicitamente la dicitura ‘S. Domenico’ vanno dal n. 1340 al n. 1458; oltre un centinaio di faldoni dunque, nei quali, presumibilmente, il nome Scorzarolo dovrebbe essere presente in discreta quantità, trattandosi di un vasto latifondo, certamente importante nell’economia del tempo.

I primi faldoni contengono repertori ove sono riportati in breve i contenuti di ogni faldone che compone l’archivio, e qui un’altra grande sorpresa: tra le voci dei repertori, il nome Scorzarolo, spesso abbreviato in Sco.o, compare spessissimo, forse anche in più di un terzo delle voci. Questo conferma l’importanza del latifondo per il convento dei frati di S. Domenico; quindi una mole enorme di documenti da studiare, che vanno dal 1300 al 1850 circa.

Ma come pervenne il latifondo ai padri di S. Domenico ? Bonaglia, nel capitolo citato, accenna ad un lascito, in favore dei frati domenicani, da parte di uno dei nobili Testi (o Cò)’ nel 1457. É quindi indispensabile, prima di tutto, verificare ed approfondire l’affermazione, e magari capire anche le motivazioni che spinsero ad un lascito così importante, che certo doveva essere straordinario anche per quel tempo dove, tra pestilenze e paura del castigo divino, molti verosimilmente erano spinti ad offerte in suffragio dell’anima propria.

Per districarsi nella mole sterminata di documenti, ci viene in soccorso l’ultimo riordinatore dell’archivio storico degli Spedali Civili, ovvero dell’Ospital Maggiore, o dell’Ospital Nazionale, come venne denominato nel 1797 nel breve periodo del Governo Provvisorio Bresciano. Nel 1912 venne conferito, all’allora direttore dell’Archivio di Stato bresciano Giuseppe Bonelli, l’incarico di riordinare l’archivio dell’ente, ridotto ad un cumulo di carte, bauli e calcinacci dopo alcuni lavori edili nei locali di deposito.

Egli, nella sua opera L’archivio dell’Ospedale di Brescia, Notizia ed inventario – Tip. Pio Istituto Pavoni, 1916′, ci informa che al n. 92 del suo inventario vi è una cassettina di legno contenente cinque pergamene del sec. XV’ riguardanti ‘Istromenti e testamenti del convento di S. Domenico per i beni di Scorzarolo’. Ovviamente, per rendere il lavoro del ricercatore un po’ più avvincente ed entusiasmante, in un successivo riordino del fondo archivistico, non è stato rispettato l’ordinamento del Bonelli, che risulta ora non più facilmente rintracciabile.

Armati solo di pazienza e buona volontà, scorrendo l’indice del nuovo ordinamento, al n. 200 compare finalmente la dicitura: Osp. Bonelli 91-92. É solo un piccolo indizio, ma si rivelerà esatto. Il contenuto della busta è sorprendente: quattro pergamene riguardanti i testamenti Testa; la prima delle quali è un rotolo lungo circa un paio di metri e largo circa venti centimetri, scritto fitto fitto nel 1487 con grafia praticamente incomprensibile.

La prima parte della pergamena del testamento di Giovanni Testa, redatto nel 1487

Con l’autorizzazione dell’Ente i documenti possono essere liberamente fotografati. Così è stato fatto, e le riproduzioni fotografiche, dato che si tratta di documenti redatti in latino, sono state prontamente trasmesse al prof. Tommaso Casanova, appassionato anch’egli alla ricerca e profondo conoscitore delle vicende storiche riguardanti il nostro territorio nei secc. XV e XVI.

Come abbiamo visto in queste poche righe, la mole di documenti riguardanti il piccolo borgo di Scorzarolo di Verolavecchia è veramente notevole. É facile immaginare che, avendo una così grande quantità di materiale a disposizione, chi ne vorrà studiare non potrà che produrne saggi di grande interesse.

/ 5
Grazie per aver votato!


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *