Ricerche sulla storia, tradizioni e curiosità del territorio verolese - di A. Barbieri

Scrivere il dialetto nella Bassa Bresciana

Scrivere il dialetto nella Bassa Bresciana

Presentazione
L’accento grave
L’accento acuto
La O con la dieresi Ö
La U con la dieresi Ü
Gli accenti tonici
Il finale di parola con la lettera Å
Le due esse S Š e la zeta
Le due CC
La CH in fine di parola
Il suono disgiunto S-C
La lineetta di separazione e congiunzione
L’apostrofo
La produzione bibliografica del maestro T. Romano
Conclusioni


1 – Presentazione

Da molti bresciani è avvertita la curiosità e la necessità di apprendere o approfondire un metodo corretto per scrivere il dialetto, o meglio la lingua bresciana, poiché di lingua vera a propria stiamo parlando, se con questo termine intendiamo il modo di esprimersi di una comunità.
Iniziamo allora una serie di piccoli articoli dedicati ciascuno ad un particolare di scrittura. Vedremo quindi l’uso degli accenti, dei trattini, dei segni particolari e di tutto quanto serve per poter uniformare il modo di scrivere e dare al lettore la possibilità di interpretare esattamente lo scritto.
Nella esposizione mi avvalgo dei preziosi insegnamenti del Maestro Tomaso Romano di Alfianello, un piccolo paese in riva all’Oglio, sul confine meridionale della provincia di Brescia. Nei suoi numerosi testi si comprende che il modo di scrivere deve necessariamente essere aderente al parlato, traducendo la fonetica delle parole in segni grafici in modo che il lettore possa riprodurre esattamente il testo con la voce.
Inutile sottolineare che ogni plaga territoriale ha la propria parlata che differisce, a volte notevolmente, da quella di altre zone anche vicine della vasta provincia bresciana. Nei piccoli articoli che seguiranno si faranno esempi su parole tratte dalla parlata tipica della bassa pianura bresciana centrale; è ovvio quindi che in altre zone la stessa parola avrà modi di scrittura diversi ed anche parole diverse per indicare la stessa cosa.
L’intento finale di questa iniziativa è semplicemente quello di tener viva la nostra lingua; chiedo pertanto venia ai fini cultori e agli studiosi di questa materia per le inevitabili -speriamo poche- imprecisioni.

Questo lavoro è dedicato alla memoria del maestro Tomaso Romano, recentemente scomparso, al quale va il nostro doveroso ringraziamento e commosso ricordo. Le sue numerose opere, delle quali se ne consiglia vivamente la lettura, si possono trovare nelle biblioteche comunali del territorio.

2 – L’accento grave

L’accento è l’aumento di intensità con la quale si pronuncia una sillaba.
Come in italiano, anche nella lingua bresciana abbiamo due soli accenti: grave ed acuto. L’accento grave -per capirci è quello rivolto a sinistra (è)- conferisce alla vocale sottoposta un suono largo e aperto e si può aggiungere a tutte le vocali à è ì ò ù per rafforzarne il suono. Alcuni esempi di vocaboli con un accento grave:

ardà (guardare), fugà (attizzare), àgher (aspro), gnàgno (furbacchione);
ècio (vecchio), laès (lavativo), ghèt (baccano), restèl (rastrello);
gucì (spillo), loertìs (luppolo), ìghen (averne), riciuchì (abbellimento);
òpol (acero), peciòt (cosa da nulla), pastolòt (pasticcio), òio (olio);
guiù (spintone), caidù (ceppo), lisnù (perditempo), ùrden (ordine).

3 – L’accento acuto

L’accento è l’aumento di intensità con la quale si pronuncia una sillaba.
L’accento acuto -per capirci è quello rivolto a destra (é)- conferisce alla vocale sottoposta un suono chiuso e stretto e si aggiungere solo alle vocali é ed ó per rafforzarne il suono.
Alcuni esempi di vocaboli con un accento acuto:

éser (essere), malégn (maligno), édre (vetro), paér (pagliaio);
óche (oche), gnamó (non ancora), Pólet (Ippolito), lóns (lontano).

Per la scrittura con la tastiera italiana si usa la combinazione di tasti Alt +0211 (Ó) e Alt +0243 (ó).

4 – La O con la dieresi Ö

Una particolarità della lingua bresciana è la lettera ö, che non sostituisce la vocale o classica, ma si aggiunge ad essa. La vocale ö ha suono identico alla eu e alla oeu francese. Alcuni esempi:

öf (uovo), söcher (zucchero), pöt (scapolo), döbe (dubbio), ös (uscio), giöst (giusto), fröst (usato), böt (germoglio), (su), löster (lucido).

Per la scrittura con la tastiera italiana si usa la combinazione di tasti Alt +0214 (Ö) e Alt +0246 (ö).

5 – La U con la dieresi Ü

Un’altra più specifica peculiarità della lingua bresciana è la lettera ü, che non sostituisce la vocale u classica, ma si aggiunge ad essa. La vocale ü ha suono identico alla u francese. Alcuni esempi.

nüsü (nessuno), ülüt (velluto), rüt (rifiuto), gnaü (neanche uno), scür (scuro), cumü (comune, municipio), cürt (corto), tübo (tubo), sübet (subito), füs (pannocchia).

Per la scrittura con la tastiera italiana si usa la combinazione di tasti Alt +0220 (Ü) e Alt +0252 (ü).

6 – Gli accenti tonici

L’accento è l’aumento di intensità con la quale si pronuncia una sillaba.

Accanto agli accenti gravi (à è ì ò ù) e acuti (é ó), visti nei primi articoli, anche le dieresi (ö ü) fungono da accento tonico quando non vi sono accenti gravi o acuti, che sono predominanti.

Nel caso di un solo accento o di una sola dieresi la pronuncia è facile: nasà (annusare), curiùs (curioso), sanàer (scontroso), segheròt (scure), córer (correre), bülo (spaccone), podaröl (roncola).

A volte è necessario nello stesso vocabolo aggiungere una o più dieresi per poterne evidenziare la pronuncia, in questi casi l’accento tonico è sempre quello grave o acuto söpèl (zoccolo), sömmiòt (scimmiotto), südàt (sudato), sücù (zuccone), cüràm (cuoio, curarmi), bölà (seminare sulle stoppie).

Nel caso di sole dieresi l’accento tonico cade sull’ultima di queste: bötöm (bitume), törölölöch (sempliciotto).

Raramente è opportuno aggiungere all’accento tonico un accento secondario per indicare la pronuncia esatta delle lettere e ed o: ségolòt (cipollotto), Ótalènch (Gottolengo), péèrù (peperone); in questi casi l’accento tonico è sempre l’ultimo. È una pratica da utilizzare solo eccezionalmente perché può confondere il lettore, più che agevolarlo.

7 – Il finale di parola con la lettera Å

Una particolarità della lingua bresciana è il suono della lettera finale delle parole declinate al femminile, o che comunque in italiano terminano con a. Per interpretare questo suono, che è del tutto simile al suono della o con accento grave come òs (osso) ma più breve e profondo, si usa la lettera a sormontata da un circoletto å. Questo segno non ha funzione di accento tonico. Ecco alcuni esempi:

ùå (uva), càlå (spazzaneve), fitilìnå (fettina), paiasàdå (pagliacciata), fónnå (donna), rèngå (cantilena), lisìå (lisciva), ambaladùrå (pressaforaggi), Örölå èciå (Verolavecchia), Örölå nöå (Verolanuova).

Per la scrittura con la tastiera italiana si usa la combinazione di tasti Alt +0197 (Å) e Alt +0229 (å).

8 – Le due esse S Š e la zeta

In lingua bresciana è necessario distinguere il suono sordo della ‘s’ di sul (sole) e nas (naso), dal suono sonoro di ša (già) e di šelat (gelato). Alcuni esempi chiariranno meglio il concetto.

La s comune si adopera per: sa (sano), sich (cinque), (su), surt (sordo), adès (adesso), pós (pozzo), pesàdå (calcio), rosolàdå (uovo sbattuto con zucchero), ostà (agostano), mesaröl (falcetto).

Invece la s con un accento circonflesso al contrario detto ‘pipa’ (š) si adopera per: ša (già), šél (gelo), šìo (zio), šó (giù), šuf (giogo), rošàdå (rugiada), böšògn (bisogno), gašóšå (gazzosa), cöšer (cuocere), manšöl (manzo), rànšå (falce), bóšgiå (bugìa), šechèt (giacca).

Entrambe si usano in: cašonsèi (casoncelli), bašàs (baciarsi), spartišiù (divisione), scavrešàdå (escursione), scunfušiù (confusione), Cašàse (Casacce, fraz. di San Gervasio B.no).

La š sostituisce in tutto e per tutto la z, che in effetti non esiste (cfr. T. Romano – …’na quàt paròlå dèlå Bàså Bresànå –­ Cassa Padana, 1998)

Per la scrittura con la tastiera italiana si usa la combinazione di tasti Alt +0138 (Š) e Alt +0154 (š).

9 – Le due CC

Nella lingua bresciana le lettere doppie normalmente non si usano, se non in poche eccezioni (es: sömmiå).  L’unico uso frequente è quello delle due cc in finale di parola per formare il plurale di vocaboli maschili quando il singolare termina con t. Il suono delle due cc è sempre dolce e liquido, ecco alcuni esempi:

crüt > crücc (crudi), saràt > saràcc (chiusi), bröt > bröcc (brutti), frèt > frècc (freddi), parènt > parèncc (parenti), laorènt > laorèncc (lavoranti), gat > gacc (gatti), rét > récc (reti), còt > còcc (cotti), dit > dicc (dita).

10 – La CH in fine di parola

La lingua bresciana prevede che in fine di parola la lettera c non sia mai sola; può essere accompagnata da un’altra simile, come abbiamo visto nell’articolo precedente, oppure deve essere seguita dalla lettera H.

Ciò è necessario per attribuire alla c finale un suono duro (come se ci fosse la k). Alcuni esempi:

stràch (stanco), pòrch (porco), scalampèrtech (scala a tre gambe), pórtech (portico), Puntìch (Pontevico), bròch (ramo), föch (fuoco), maröch (babbeo), póch (poco), plòch (zolla).

11 – Il suono disgiunto S-C

Il suono dato dalle lettere sc in italiano, come in scena, coscia, sciame, nella lingua bresciana non esiste se non in poche eccezioni (es: sci, sciàmpo) e queste due lettere hanno praticamente sempre un suono disgiunto ed indipendente quando sono seguite da i o da e. Per non confondere il lettore si usa allora interporre tra la s e la c una lineetta in questo modo: s-c. Alcuni esempi:

s-cèt (ragazzo), s-ciào (solamente, meno male), s-ciömå (schiuma), s-cèp (spaccato), s-ciàterå (schizzo di fango), s-ciümì (fighetto), s-ciopèså (sensazione di sabbia sotto i denti).

12 – La lineetta di separazione e congiunzione

A volte si incontrano parole con la stessa grafia, ma con significati diversi. Il caso tipico è quello di pià con il doppio significato di piano e di mordere. A ben vedere, quando si parla di mordere, il suono viene leggermente prolungato; ecco allora che per evidenziare questa pronuncia si usa interporre una lineetta tra la i e la a, in questo modo: pià (piano), e pi-à (mordere);

Così come si usa la lineetta per separare due suoni distinti nella stessa parola, così si usa la lineetta per unire due parole che nel parlato hanno un suono unito. Per esempio, nella coniugazione dei verbi trattando della terza persona plurale, quando la parola seguente inizia per vocale: i-è stacc lur (sono stati loro), i-érå ciòch (erano ubriachi), i-à facc adès (li hanno fatti adesso), i-orlàå (urlavano), i-ufindìå (offendevano), e così via …

Un altro uso della lineetta si ha quando si tratta degli articoli plurali maschili i e gli, nel caso che la parola che segue inizi per vocale. Esempio: i-àer (le labbra), i-anèi (gli anelli), i-àngei (gli angeli), i-enterès (gli interessi), i-envéren (gli inverni), i-empiöm (i ripieni), i-òs (le ossa), i-ofése (gli uffici), i-òbecc (i funerali), i-unùr (gli onori), i-ùrdegn (gli ordini), i-ušilì (gli uccellini).

13 – L’apostrofo

In lingua bresciana l’apostrofo ha la medesima funzione della lingua italiana, serve cioè ad elidere una lettera; il caso tipico è quello degli articoli maschile e femminile come in italiano l’òm (l’uomo), l’ombrèlå (l’ombrello).

Ma per il bresciano l’apostrofo ci viene in soccorso per elidere la prima lettera di una parola in modo da rendere lo scritto del tutto aderente al parlato. Alcuni esempi:

Nel caso degli articoli il, uno, una, esempio: al cör > ‘l cör (il cuore), ón temporàl > ‘n temporàl (un temporale), óna ma > ‘na ma (una mano) e nel caso della preposizione in, esempio: an pé > ‘n pé (in piedi).

Nel caso della terza persona del verbo avere, esempio: al gà > ‘l gà (ha), al ghìå > ‘l ghìå (aveva).

Nel caso del verbo andare, esempio: andà > ‘ndà (andare), andàt > ‘ndàt (andato), andóm > ‘ndóm (andiamo).

Moltissimi altri esempi si potrebbero fare, troppo numerosi per essere tutti elencati. La regola è comunque sempre quella di interpretare con il segno grafico l’esatta dizione del parlato.

14 – La produzione bibliografica del maestro T. Romano

Il maestro Tomaso Romano è stato autore di alcuni testi di racconti e aneddoti prendendo spunto dagli episodi che hanno costellato la sua lunga vita e carriera di maestro elementare. Nei suoi testi traspare sempre la semplicità e insieme l’arguzia della gente di campagna, nonché scorci di vita pratica di un mondo che ormai non esiste più.

La particolarità dei suoi testi è anche nel fatto di riportare per ogni brano la traduzione in italiano nella pagina a fronte, rendendo così accessibile la lettura anche ai non bresciani e ai non pratici della lingua bresciana.

Ecco l’elenco dei testi.

  • Romano – … ‘na quàt paròlå dèlå Bàså Bresànå – Cassa Padana, 1998 (vocabolario)
  • Romano – Emusiù e fragranså dè ‘na quat tradisiù dèlå Bàså Bresànå – Cassa Padana, 2002
  • Romano – Tradisiù e superstisiù dèlå Bàså Bresànå – Fondazione Dominato Leonense, 2012
  • Romano – Migå töt, ma ‘n pó dé töt – Fondazione Dominato Leonense, 2014 (e-book)

ed inoltre il testo dal quale il maestro ha tratto ‘i pratici, ingegnosi e chiari elementi grafici del dialetto, ideati sapientemente dal ch. prof. Gluco Sanga, insigne studioso e cultore di glottologia’: Sansa – Dialetto e folklore – ricerca a Cigolein: Mondo popolare in Lombardia (5) – Silvana ed., 1979.

15 – Conclusioni

Abbiamo visto negli articoli precedenti come non sia affatto difficile scrivere correttamente la lingua bresciana, sono poche regolette che si riconducono tutte alla regola generale che è quella di interpretare con il segno grafico l’esatta dizione della lingua parlata.

Abbiamo trattato in particolare della parlata della Bassa Bresciana Centrale, ma le regolette illustrate possono essere usate per ogni zona della nostra vasta provincia, anche se, specie per le località delle valli, sono necessarie alcune integrazioni e precisazioni che necessitano dell’intervento di appassionati locali.

La dimestichezza con la lingua bresciana, scritta e parlata, si ha solo con l’esercizio e con la lettura; non ci si scoraggi quindi per qualche inevitabile errore e si abbia tolleranza per gli errori altrui. L’importante rimane sempre far capire esattamente a chi legge il proprio pensiero!

Non me ne voglia il lettore per qualche inevitabile errore o imprecisione; da semplice appassionato ho cercato di suscitare l’interesse per una scrittura della lingua bresciana il più possibile aderente a modalità codificate.

In conclusione, è doveroso un ringraziamento alla pagina facebook ‘I bResciani Malmostosi’ che ha proposto e sostenuto questa iniziativa.

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